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The Lonely Crow

@demienblackwood / demienblackwood.tumblr.com

«I am alive. I am here. I am trying. That is enough.» [Rpg blog]
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Barone Redwood & Grace

Grace fa come le viene domandato, allungando quel suo bel volto puro e genuino in un sorriso preoccupato e chiaramente bonario. Fa un piccolo inchino, inclinandosi verso il basso di qualche grado e poi tornando su subito dopo, compiendo mezzo giro su se stessa per poi allontanarsi con il solito passo placido ed leggero, la punta delle scarpette in stoffa che batte appena, e poi quel tallone che riecheggia lungo il corridoio di legno lasciando poi Darcy, da sola, in compagnia dei suoi pensieri.

Una volta che l’esorcista rimane sola, quello che le rimane è solamente la possibilità di lasciarsi andare alle lacrime anche per un breve momento, su quel letto alto e cigolante, il candelabro lasciato morire da una parte mentre fuori dalla tempesta quel forte vento prende sempre più forte. Sembra quasi sussurrarle qualcosa, parlarle mentre urla dentro le trombe dei caminetti, ululando, piangendo in maniera del tutto disperata. E mentre la donna si ritrova a riflettere ad un modo, mentre fa dei calcoli che i grandi occhi nocciola bagnate dalle lacrime, in poco tempo viene colta da uno strano torpore, un sonno improvviso al quale non si riesce a sottrarre. Così il passo dai pensieri al sonno è rapito e indolore, cala come una spada di Damocle. Chiude le palpebre senza nemmeno rendersene conto, cullata in un dormiveglia che le provoca comunque una sensazione di calma, regolarizza il suo respiro e il suo battito cardiaco. La situazione intorno scompare, percepisce vagamente il fischio del vento.

Sogna.

Non è possibile definire la natura di questo sogno, tanto che è composto da tanti piccoli frammenti sconnessi tra di loro, animazione mentali che si proiettano dentro la sua testa. Il rumore è come quello di una serratura che cede, la maniglia che si abbassa lentamente, la porta che non si apre del tutto ancora il silenzio mentre vede se stessa muoversi come un fantasma in quella grande casa: i mobili antichi e mobili moderni si fondono, il passato con il presente disegna profili unici al quale la donna non è molto interessata. “Uno specchio”. E’ la sua stessa voce che riecheggia in una notte come tante altre, con i piedi nudi mentre indossa una camicia da notte lunga e bianca. Stringe un candelabro tra le mani, due candele accese che lasciano scie luminose nell’oscurità. La casa dorme così come i suoi abitanti. Quasi tutti almeno. Da un piccolo studio di quel piano, una debole luce viene proiettata da alcuni centimetri compresi tra la porta e lo stipite. La luce proviene da un caminetto e due figure sembrano parlare tra di loro. Una è alta e affilata come la lama di un coltello, l’altra è più minuta e morbida alla vista. Sono il Barone e Grace immersi in una discussione che Darcy non riesce a mettere a fuoco. Sembrano bisbigliare rapidamente, poi qualche parola viene colta ma che al momento non sembrano ancora dare un senso ad un discorso. Poi come per magia tutto diventa nitido, chiaro e un qualche frase può essere compresa anche dall’esorcista.

« Sta per succedere. Di nuovo », è la voce del Barone che al momento pare essere preoccupata. Sita vicino al caminetto, con il gomito poggiato sul bordo, la mano chiusa a tenere il capo, lo sguardo proiettato verso il fuoco vivo, con la sua luce calda che lo rende più umano. Una figura così familiare quanto dolorosa. Gli assomiglia così tanto ma non è lui, non è il suo Demien.

« Dobbiamo stare attenti. Se lei dovesse scoprirlo, finirebbe come l’ultima volta » la donna bionda intreccia le dita, mentre siede in una piccola poltroncina con gli occhi azzurri proiettati verso il padrone di casa, preoccupata a sua volta.

« Non deve saperlo in alcun modo », è sempre lui a parlare ma nel suo sguardo vi è una luce sofferente, con un po' di empatia è facile comprenderlo. Sul finale posa lo sguardo su Grace e le sorride «Non sbaglierò un’altra volta » ed è in quel momento che è come se il Barone, alzasse gli occhi verso la porta, tanto che per un momento i loro sguardi si intrecciano e Darcy può rendersi perfettamente conto di essere stata individuata ma trattandosi di un sogno, lo scenario cambia ancora una volta. Stavolta, sita in una piccola stanza, sempre una sorta di ripostiglio, ci sono lenzuola che coprono un po' di tutto, quella vista le farà ritornare alla mente quel giorno ad Abbey Road, in compagnia di Demien alla ricerca delle vecchie cose di Rose. La tentazione nel frugare sarà troppo alta per lei e comincerà a frugare, a levare uno dopo l’altro tutte quelle lenzuola impolverate, perché sa che lo deve fare ma non sa il motivo. Così uno dopo l’altro, come una matta comincia a togliere tutto. SI perde il conto e quello che trova sono vecchi oggetti, mobilie, scatole, bauli contenenti chissà che cosa, vecchi giocattoli. Poi infine, rimane uno alto, nascosto nella stanza, vagamente inquietante dato che sembra contenere sotto una persona ed in effetti, tale lenzuolo poi prende a muoversi verso di lei, lentamente, abbassandosi fino a cadere all’improvviso lasciando il vuoto e solo un grosso specchio nero attaccato alla parete. Situazione sicuramente inquietante e spaventosa ma quello parrebbe essere l’unico specchio della casa. Di ottima fattura, piuttosto grande da contenere interamente una figura di due metri in altezza e un metro in larghezza. Darcy potrà benissimo vedere il suo rifletto, lei con i lunghi capelli bruni, la carnagione olivastra, la camicia da notte lunga e scura. Avvicinandosi potrà notare molti dettagli tra cui prima la superficie dello specchio che comincia a vibrare, poi un leggero ticchettio, come di qualcuno che bussa dall’altra parte della superficie riflettente. Poi come nei peggior film horror il suo riflesso salterà fuori dallo specchio avvolgendole le mani gelide contro il collo sottile e provando a strangolarla.

Sarà allora che si sveglierà di soprassalto, sudata e con il volto del Barone che la sovrasta del tutto dall’alto « Si è svegliata finalmente » il tono vagamente preoccupato mentre  un altro sospiro – quello di Grace – fa ecco alle parole dell’uomo. E’ sempre lui poi a poggiare una mano sulla fronte di Darcy, è calda nonostante tutto e pare controllare se abbia la febbre o meno.

« Grace portami dell’acqua e qualcosa per tirarla su, per favore  » .

La bionda annuisce ancora una volta è scompare, da una parte del comodino è possibile cogliere un vassoio con qualcosa da mangiare, quello che la donna aveva promesso di portare all’esorcista. Rimangono da soli per il momento, sta in piedi vicino al suo letto, ma il candelabro è di nuovo al suo posto.

« Grace vi ha sentito urlare. Chiamavate qualcuno. La porta era aperta così poi è corsa a chiamarmi » commenta tirando indietro la mano e poi andando a sedersi nel bordo del letto in maniera più rilassata meno impostata «Come vi sentite? »

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Darcy Darcy

 A occhi chiusi e con il viso ancora umido, la Canadese lotta contro lo sconforto e resta aggrappata alla speranza accesa della prospettiva di venir riunita a Ethan di lì a poche ore. Reclina il capo di lato, così che testa e spalla incontrino il momentaneo supporto di una della colonne del baldacchino, e confonde il torpore con la stanchezza; non ha coscienza di star scivolando nel sonno; i gemiti del vento invernale mutano in sospiri lontani, e mentre la mente viene trascinata sui sentieri di un incubo oscuro e frastagliato, le energie smettono di sorreggere il corpo. Darcy scivola sulla schiena; un braccio steso lungo il busto, l’altro piegato sul corsetto e una pozza di capelli corvini che si allarga attorno alla testa immobile. 

                                                                     […]

 Si sveglia con un sussulto. Il cuore batte fortissimo, la fronte è calda e madida di sudore e lo sguardo appannato. Le riverbera in testa l’eco di un urlo di donna ― la sua stessa voce? ― mentre altre voci le scorrono attorno. Qualcuno le tocca la fronte. Il primo dettaglio che mette a fuoco è il viso del Barone, chino su di lei; nello stordimento generale, si ritrova a mormorare qualcosa. È un sussurro roco, pronunciato a voce bassissima e spezzata, come la supplica di chi sembra sul punto di scoppiare in un pianto. « …Demien… »

 Ma l’uomo che si è appena seduto sul bordo del letto, dopo aver dato istruzioni a Grace, e che ora le sta parlando NON è Demien. E la ritrovata consapevolezza di essere ancora bloccata là, in una camera da letto della magione battuta dalla tramontana e dalla neve, in un altro tempo, completamente sola le ferisce il petto con la violenza di un fendente. La domanda finale di Thomas non riceve risposta: l’ospite non parla e non si muove, eccezion fatta per il lento distogliere lo sguardo dal viso dell’aristocratico.

 Fissa il baldacchino. Serra le labbra pallide e deglutisce; riesce quasi a sentire le due spettrali mani ancora serrate attorno al suo collo. L’incubo è stato confuso, ma le poche immagini hanno lasciato un vivido ricordo. Fin troppo vivido. Possibile che sia stata tutta una suggestione? Possibile che sia stato lo sfogo del suo inconscio, arrivato a un punto di rottura dopo i traumi delle ultime ore? È possibile, sì, eppure… Darcy muove di scatto una mano e tenta di aggrapparsi al braccio di Thomas, appena sopra l’incavo del gomito. Fosse riuscita nel movimento, la sua stretta diventerebbe presto ferrea, tenace, quasi minacciosa. E se anche Thomas tentasse di mettere immediatamente fine a quel contatto fisico, lei finirebbe comunque per tornare a posare lo sguardo castano sul viso di lui. Ne cerca con ostinazione gli occhi. E, una volta trovati, lo sguardo dei vi resta incatenato.

Fissa il baldacchino. Serra le labbra pallide e deglutisce; riesce quasi a sentire le due spettrali mani ancora serrate attorno al suo collo. L’incubo è stato confuso, ma le poche immagini hanno lasciato un vivido ricordo. Fin troppo vivido. Possibile che sia stata tutta una suggestione? Possibile che sia stato lo sfogo del suo inconscio, arrivato a un punto di rottura dopo i traumi delle ultime ore? È possibile, sì, eppure… Darcy muove di scatto una mano e tenta di aggrapparsi al braccio di Thomas, appena sopra l’incavo del gomito. Fosse riuscita nel movimento, la sua stretta diventerebbe presto ferrea, tenace, quasi minacciosa. E se anche Thomas tentasse di mettere immediatamente fine a quel contatto fisico, lei finirebbe comunque per tornare a posare lo sguardo castano sul viso di lui. Ne cerca con ostinazione gli occhi. E, una volta trovati, lo sguardo dei vi resta incatenato. 

« Se di tutti i luoghi e le epoche, sono stata mandata fin qui, non può essere solo un caso » asserisce; la voce è ancora un poco più roca del normale, ma colma della risolutezza data dall'esasperazione. « Deve esserci… » Si corregge: « C’è un motivo. E c’è qualcosa di sbagliato in questa casa. E qualcosa di innaturale nella vostra famiglia, lo so. ― Ho fatto un sogno… ma sembrava… più di un sogno. » … « Che fine hanno fatto gli specchi? ― Ditemelo. Parlatemi. E potrei essere in grado di aiutarvi. »

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Thomas&Grace

Il barone rimane fisso accanto a lei, il corpo piegato in avanti, il volto intento a scrutare l’ospite mentre ella poco alla volta riprende coscienza. Pare affilare lo sguardo solamente quando quel nome viene menzionato, le palpebre tremano, poi distoglie lo sguardo altrove, gli occhi grigi corrono contro i vetri della finestra, coperti da una leggera tenda bianca che offre ai due una certa intimità. Fuori il vento si lamenta, ulula come un lupo selvatico, pare quasi che parli. La donna si risveglia, poi distoglie lo sguardo a sua volta, entrambi guardano altrove, volano in pensieri là dove nessuno lo sa, ognuno ignaro dell’altro ma collegati tra di loro da uno strano fato che gli ha messi in gioco proprio in quel luogo.

Thomas ritorna su di lei solamente quando la mano di Darcy si stringe contro il suo braccio, prima fissa quelle dita scura e poi torna sulla figura gradevole della donna, gli occhi plumbei che a lei sembrano tanto familiari. L’esorcista dal canto suo potrà sentirlo irrigidirsi appena sotto quel tocco, qualcosa che si ripercuote poi nel volto, è appena percettibile ma chiaramente non si sente a suo agio. Le labbra sottili che si tendono, i tratti che appaiono ancora più affilati del solito ma che di certo non va a discapito della sua bellezza algida e apparentemente distaccata. Però gli sguardi sono uno sopra quello dell’altro, intensi come non mai. Lei potrà benissimo capire che lui la sta “ascoltando” con tutta la serietà di cui dispone. Ha la sua attenzione.

«Mi sembrate confusa… » è la voce marcata ed inglese dell’uomo che si fa appena più schivo ma pare rompersi qualcosa nel suo sguardo sul finale. Gli occhi grigi si inondano di quella malinconia che ricorda molto il rimpianto che Demien aveva per Rose appena si sono conosciuti.

«Cerchiamo sempre un maggiore significato nei nostri sogni perché non accettiamo la  realtà…» sospira piano continuando a guardarla «Ma per quanto vogliamo la realtà è una sola…» la mano libera poi si sposta, per andare poi a posarsi sopra quella della donna che al momento sosta ancora sopra il suo braccio. La poggia con una certa delicatezza abbassando poi lo sguardo verso il leggero tocco caldo da esso provocato, chiude gli occhi per due interi secondi, per riaprirli poi subito dopo. Le palpebre che tremano ancora, che si sollevano mentre le iridi grigi cercano quelle color cioccolato fondente di Darcy. «Non siete in grado di aiutarmi…» esplica lui facendosi appena più serio «Non cercate gli specchi, fidatevi di me…» comunica in questa maniera rimanendo sempre serio «Siete mia ospite e non vi capiterà nulla. Mi occuperò io di voi» non è chiaro come ma insomma, pare che lui voglia farsi carico di tutto. Le sta dicendo di non far nulla, di rimanere lì, di fidarsi, di attendere chissà che cosa.

«Impicciarsi potrebbe rivelarsi pericoloso…» un altro lungo respiro mentre sempre che lei non abbia già fatto, si sottrarrà alla presa di lei «Ve lo dico per il vostro bene. Non vi immischiate» appena più serio, la sua dolcezza pare essere scomparsa dal volto. Si solleva dal letto lasciando poi lo spazio necessario alla ragazza per sistemarsi appena sul letto o per avere un po' di spazio.

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Grace ricompare magicamente proprio in quel momento, con un vassoio, dell’acqua e qualcosa da mangiare. Thomas fa un cenno verso di lei, come per farla accomodare, e senza aggiungere altro poi si allontana e lascia la stanza senza voltarsi, i suoi passi si disperdono poco alla volta mischiandosi con il rumore violento del vento contro le pareti. I vetri tremano appena e Grace si muove con calma dentro la stanza di Darcy, posa il vassoio sopra il comodino e poi va a chiudere la porta con delicatezza in modo che nessun altro possa osservare all’interno della stanza. Versa dell’acqua dentro un bicchiere di vetro e poi lo porge verso di lei.

«Come state?» domanda con calma mentre pare che il tempo sia trascorso piuttosto celermente «Stiamo preparando la cena ma nel frattempo potete mangiare un po' della focaccia che ha preparato Mary, la nostra cuoca…» continua a parlare. «Avete dormito per un bel po', vi sentite più riposata?» in effetti a Darcy sarà parso di aver dormito per pochi minuti ma in realtà è già sera e lo potrà notare dal fatto che fuori la luce sia calata bruscamente.

«Volevo solo avvisarvi che mr. Ethan è rientrato poco fa. Visto che volevate parlare con lui, ho pensato che vi facesse piacere saperlo.»

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12 Aprile 1961 - York.

Quest'oggi mi sono recata alla fiera cittadina, e la mattinata è risultata piuttosto piacevole. Il sole era tiepido e non vi era neppur una nuvola in cielo, questo ha permesso anche a Mary di accompagnarmi. Mia moglie è sempre interessata agli abiti, perciò abbiamo fatto visita a tutti i miglior negozi della città. Siamo rimasti in attesa per tutto questo tempo, il ghiaccio e le neve aveva reso le strade pericolose perciò finalmente, abbiamo lasciato il nostro spicchio di terra. Il tragitto è durato poco più di un'ora con la carrozza e le vie erano piene di vita. Quando meno, una giornata via da casa mi ha permesso di tenermi lontano dalle voci della casa, dai suoi lamenti, dai suoi abitanti invisibili. Mary non si è mai accorta di nulla, di quanto questa dimora sia piena di storia e di storie da raccontare. E forse è meglio per lei, se ne spaventerebbe e dato le sue condizioni delicate non voglio che le accada nulla. Forse per l'inverno prossimo dovrei affittare una casa in città, se ne rallegrerebbe. Mi chiedo se sarà un maschio o una femmina ma non me ne importa, sarei comunque felice. Abbiamo comprato un abito rosso, bellissimo, fatto da Madame De Satin, una stilista francese che pare abbia lavorato in passato per una delle amanti di Napoleone. E’ vecchia ma ha buon gusto e la giusta esperienza. Le ho fatto questo dono e lei ne è stata entusiasta. La vizio, voglio solo il meglio per lei.

22 Agosto 1961, York Ne ho parlato con Reginald e penso sia anche lui dello stesso parere mentre Klaus mi ha accompagnato come al solito alla tenuta dei Lennon. Quello che accade in quella casa è un segreto che condivido solo con lui e sua sorella. Ma sono affidabili. Forse dovrei bruciare questo diario, ma tanto chi mai lo troverà? Se non la mia discendenza, ma quando sarà, tutto ormai sarà polvere cancellata dal tempo. E’ iniziato tutto per gioco e invece, adesso, guarda fin dove mi sono spinto? Non bisogna giocare con il fuoco e quello che è successo è solo colpa mia ma ormai ci sono troppo dentro e non posso tirarmi indietro. Ho due vite parallele e questo mi causa spesso grossi scompensi. Sono il nobile e sono l'altro uomo. Ma mi rendo conto che appartengono più a quell'altro. In lui mi sento più libero, mi sento davvero io privo di legami aristocratici, privo dei miei doveri, privo di una forzatura imposta dalla società. Sono davvero io. 12 Dicembre 1961, York Le ho preso un ciondolo, quando l'ho vista ho pensato che fosse per lei, perfetto. Non riesco a togliermela dalla testa, i suoi occhi azzurri, il sorriso malizioso. Se solo sapesse la verità, se solo sapesse chi sono. Forse non mi perdonerebbe mai il mio scherzo, la mia recita ma… che importa quando gli attimi che passiamo insieme sono così belli? L'amore ha dunque questa forma? Questo calore? Questa forza? Per lei farei qualsiasi cosa ma non posso, non ho diritti. La legge non è dalla mia e quel torbido uomo che lei chiama marito la tratta in quella maniera. Sono pieno di rabbia. Di rancore e Mary non sospetta nulla. Sono un vile se non l'amo ma non posso farci nulla, è un'altra che alberga nel mio cuore e solo lei sarà per sempre dentro di me. Reginald non è per nulla contento del mio operato, di come mi sto comportando e i rumori in casa si stanno facendo sempre più minacciosi.Non mi sento al sicuro, credo che ci sia qualcosa nascosto. Un segreto, una storia di cui io non sono a conoscenza. Gli ho interpellati fra le candele e la mirra, la voce oltre lo specchio mi ha parlato. Era basse e gutturale. Rancorosa. Mi ha parlato in una lingua che non conosco. Parlava e urlava un nome. Demien.

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