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A modo mio

@chi-va-piano-arriva-dopo / chi-va-piano-arriva-dopo.tumblr.com

Ogni risveglio dura pochi istanti, una manciata di attimi che sembrano eterni. Ti guardi intorno e realizzi che quello che stavi vivendo era un sogno talmente bello da sembrare quasi vero, poi, socchiudi gli occhi ed isoli la mente al fine di fuggire da tutti quei pensieri che contengono tracce di sentimento ed umanità da dimenticare; zittisci il cuore sperando di non provare più nulla e fingi di essere invincibile anche quando i ricordi hanno il potere di renderti fragile come la cartapesta.
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“ […] è strano e buffo, scalpitiamo sempre per la voglia di andare, allontanarci e trovare chissà cosa, ma quello che più cerchiamo è ciò che era nostro, e che abbiamo lasciato all’inizio del viaggio. Forse la vita è questo, una corsa senza respiro, sperando di arrivare un giorno dove siamo partiti.

Fabio Genovesi, “Oro puro”.

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“Il tempo, gli anni, le età, sono solo numeri scemi, le cose più importanti della vita non si possono contare. L’amore, il dolore, la paura, la felicità, cosa vuoi contare lì dentro? Devi solo tenerti forte, mentre ti ci tuffi dentro.”

— Fabio Genovesi, “Il calamaro gigante”.

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“Non puoi stringere un sogno, non puoi abbracciare un ricordo. Così come non puoi scacciarlo, nemmeno con le cannonate. Sparisce, torna a galla, sparisce di nuovo ma sempre ti fissa col suo grande occhio nel buio della notte...”.

— Fabio Genovesi, “Il calamaro gigante”.

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“Accendiamo una lampadina e pensiamo che ci illumini, invece ci abbaglia e basta, una lucetta da due soldi ci nasconde le stelle e tutte le meraviglie del mondo. Come i ragionamenti, tutti quei ragionamenti da due soldi per capire le cose, che invece ci portano via le emozioni. [...] Ci passavo le notti, a ragionare così. E intanto mi perdevo la bellezza. Accendevo tutte le luci che c’erano e non vedevo nulla. Le stelle esistono, e anche tante altre cose così favolose e più vicine, però non vediamo nemmeno quelle.”

— Fabio Genovesi, “Il calamaro gigante”.

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“... eccola la parola assassina: ormai. Lei non passa mai di moda, e ora come allora serve a non partire, non fare, non provare mai a cambiare le cose intorno a noi. E’ una parola corta, ma basta a riempire una vita di scontento, giorno dopo giorno fino all’ultimo, raccontandoci che per essere felici è troppo tardi, ormai. Quante volte ci lamentiamo del lavoro, delle scelte, di mariti e mogli, fidanzati o compagni e insomma della vita tutta intorno e addosso a noi. E diciamo scemenze tipo che l’infanzia era l’età più bella, la più libera e spensierata. Ma non è mica vero: come può essere libera, un’età in cui per fare qualsiasi cosa devi chiedere il permesso a genitori, familiari, maestri, catechisti e adulti in generale? E’ quando diventi grande che sei libero davvero, non devi obbedire a nessuno, e disegnare la tua vita spetta a te. Solo che ce la disegniamo da schifo. Da bambini abbiamo un sacco di sogni, ma ce li teniamo dentro perchè è troppo presto, in attesa di diventare adulti e realizzarli. Poi però cresciamo, e decidiamo che i sogni sono roba da bambini, e al posto di quelli ci riempiamo i giorni di obblighi e doveri e altra roba che non ci piace e non ci fa felici, e vorremmo cambiare ma non cambiamo nulla di nulla, perchè è troppo tardi, ormai. La fregatura è proprio questa, che tra il troppo presto e il troppo tardi dovrebbe esserci un lungo tempo giusto, libero e luminoso per fare quello che vogliamo, però nessuno lo trova mai. Troviamo invece un sacco di scuse: siamo troppo giovani, o troppo vecchi, oppure siamo sfortunati, diversi, siamo nati nel posto sbagliato. O magari sono gli altri che sono cattivi, sono invidiosi, sono raccomandati, sono... sono tutte scuse, che ci raccontiamo per non fare nulla. E io non ho niente contro le scuse, anzi le amo. Sono preziose quando le usi con gli altri, per evitare cene noiose, ritrovi di parenti, riunioni di condominio e altri inaccettabili furti di vita. Ma che senso hanno le scuse, se le raccontiamo a noi stessi per non essere felici?”

Fabio Genovesi, “Il calamaro gigante”.

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“Cadi, e non sai quanto male ti farai. Però se sopravvivi, se domani il sole ti troverà in piedi a disegnare un po’ di ombra su questo mondo matto, sai che sarai pronto a cadere ancora, ancora, ancora. Per un tempo che è di secondi e insieme anni, è una vita e tante vite tutte insieme, che per caso si incontrano, si intrecciano, si mescolano in una sola. Non sai quanto durerà né dove ti porterà. Sai solo che sarà così, che per mille volte sciagurate e favolose ancora tu cadrai, e io cadrò. Sognando di volare.” — Fabio Genovesi, “Cadrò, sognando di volare.”

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…i brutti pensieri sono troppo abituati a essere scacciati, non ci fanno neanche caso. Forse il modo migliore per mandarli via sarebbe pensarli tantissimo, ancora e ancora, per vedere se così li prendi di sorpresa e non sanno più che fare.

Fabio Genovesi, “Cadrò, sognando di volare”.

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“Perché le cose davvero importanti della vita, quelle che arrivano per cambiare tutto, non prendono appuntamenti e non studiano percorsi, un giorno si svegliano e decidono che è il momento, scelgono la via più storta e sgangherata che ci sia e si tuffano a bomba su di te.”

— Fabio Genovesi, “Cadrò, sognando di volare”.

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Queste cose avrei voluto dirle, tutte quante o almeno una. Ma le cose belle sono come quelle brutte, è difficile farsele uscire dalla bocca, così restano a gonfiarti la gola mentre dici solo le cose medie. Il meglio dei nostri discorsi resta sempre rinchiuso dentro di noi, a morire nel buio.

Fabio Genovesi, “Il mare dove non si tocca”.

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“Una favola, uno di quei viaggi che sei felice perché ti sembra che da quel momento si apra davanti a te la vita vera, che è appena un passo in là e ti aspetta in tutto il suo splendore. Poi però il tempo passa e ti rendi conto che la vita non ti stava davanti, la vita era proprio quella lì, precisamente quei giorni, quelle notti, la sentivi a un passo e invece ce l’avevi addosso. Pensavi fosse un assaggio, un riscaldamento prima di arrivare a quell’età fantastica che sei grande e non devi più obbedire a nessuno e tutto è splendido. Aspetti, speri e non ti accorgi che lo splendore è proprio questo qui, e quando lo capisci ormai se n’è andato e resti solo a ricordarti com’è stato.”

— Fabio Genovesi, “Chi manda le onde”.

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