“A volte penso alle relazioni umane come a qualcosa di morbido tipo la sabbia o l’acqua, cui diamo forma versandole in un determinato recipiente. Così la relazione di una madre con sua figlia andrà a occupare un recipiente etichettato come “madre e progenie”, e la relazione assumerà i contorni del suo contenitore e in esso verrà contenuta, nel bene e nel male.[...] Ma come sarebbe costruire una relazione senza alcun tipo di forma prestabilita? Limitarsi a versare l’acqua e lasciarla cadere. Immagino che non assumerebbe forma alcuna, e si disperderebbe in ogni direzione. E’ un po’ come per me e Felix, penso. Non c’è un percorso ovvio che la nostra relazione quale che sia possa seguire. Non credo che lui mi descriverebbe come un’amica, perchè di amici ne ha, e il modo in cui si rapporta a loro è diverso da quello in cui si rapporta a me. E’ molto più distante da me di quanto credo sia da loro, e al contempo noi siamo per certi versi più vicini, perchè la nostra relazione non è costretta da nessun limite o convenzione. A renderla diversa, in altre parole, non siamo né io né lui, né chissà quale peculiare caratteristica personale di uno dei due; e non è nemmeno la specifica combinazione delle nostre rispettive personalità, bensì la modalità con cui ci relazioniamo l’uno con l’altra - o l’assenza di qualsivoglia modalità. Forse alla fin fine ci perderemo semplicemente di vista, o magari diventeremo amici, o qualcos’altro. Ma qualunque cosa accada, almeno sarà l’esito di questo esperimento, che a tratti sembrerebbe prendere una pessima piega, e altre volte sembra l’unico tipo di relazione che valga la pena avere.”