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A modo mio

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Ogni risveglio dura pochi istanti, una manciata di attimi che sembrano eterni. Ti guardi intorno e realizzi che quello che stavi vivendo era un sogno talmente bello da sembrare quasi vero, poi, socchiudi gli occhi ed isoli la mente al fine di fuggire da tutti quei pensieri che contengono tracce di sentimento ed umanità da dimenticare; zittisci il cuore sperando di non provare più nulla e fingi di essere invincibile anche quando i ricordi hanno il potere di renderti fragile come la cartapesta.
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Pinguini Tattici Nucleari - Islanda

“Ci siamo separati come due pianeti senza gravità Come amici dopo l’università Sì, come due fratelli per l’eredità Ci siamo confidati mille sogni ed ora siamo punto e a capo A raccontarli a gente a cui non frega un cazzo Spero tu almeno uno lo abbia realizzato

Volevo il nord e cercavi il sud Correnti opposte, ma stesso mood […]”.

Source: youtube.com
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“Che percentuale della nostra vita occupa la memoria? Che cosa ricordiamo, in che misura si trasformano gli eventi dopo che li abbiamo vissuti, dopo che sono sprofondati negli abissi e sono diventati ricordo? Perché alcuni fatti, alcuni eventi, ci costringono per loro natura a digerirli dentro di noi, dove si modificano, si rimodellano e ci presentano lati diversi a seconda di come evolve la nostra esistenza; infine ci sono eventi che tentiamo di comprendere per una vita intera. Forse dovremmo vivere almeno tremila anni per capirci qualcosa, della vita. Forse dovremmo essere dèi, sequoie oppure antichi versi di poesie riscoperte dalle sabbie dell'Iraq. E forse la letteratura dopotutto non è altro che il luogo dove riusciamo ad avvicinarci di più alla comprensione dell'esistenza, o dove riusciamo a raccapezzarci un poco, soprattutto perché non ha frontiere. O meglio, perché ignora quelle frontiere che l'essere umano si crea da solo, che dissemina intorno a sé e carica di un tale peso che, diciamolo, diventano il punto di riferimento attorno al quale definisce la propria vita e il proprio universo”.

Jón Kalman Stefánsson, “Il mio sottomarino giallo”.

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“Malinconia e settembre sono due sinonimi Che ti fregano sempre se sei un po’ giù Poi guardi l’orizzonte che sembra quasi muoversi Ma lui resta lì fermo, a sparire sei tu”.

Pinguini Tattici Nucleari, “Romantico Ma Muori”.

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“Sarebbe bello poter piegare il tempo in due, come se fosse un foglio di carta, farci un buco e congiungere il presente con il passato. Io potrei essere ancora vivo, nel passato. Attraverso quel buco potrei allungare la mano e stringere la tua, nel presente.”

Emanuele Aldrovandi, “Il nostro grande niente”.

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“Gli avvenimenti memorabili non sono solo quelli che ci hanno dato gioia, sono anche quelli che ci hanno umiliato e ferito, e pure le umiliazioni e le ferite hanno diritto a parole adeguate. Non c’è fine peggiore di una qualsiasi relazione (a partire dall’amicizia) di quella che si accompagna a frasi sciatte, ottuse, in cui si sedimentano anni d’invidie inespresse e a volte addirittura ignote a chi le prova, finché non gli escono di bocca. Le parole che ricordiamo, quelle che ci hanno fatto male, soprattutto, sono la nostra letteratura individuale. Isolano i momenti in cui abbiamo perso qualcosa per sempre. Per questo non le confidiamo mai a nessuno.

Diego De Silva, “I titoli di coda di una vita insieme”.

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“Sapevo che non era un problema di luoghi, ma di cuore. Ovunque mi fossi trovato, in compagnia di chiunque, il mio posto sarebbe stato quello in cui ero certo di non stare mentendo al mio cuore.”

Satoshi Yagisawa, “I miei giorni alla libreria Morisaki”.

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“[…] la vita è una gara di resistenza alle deformazioni e agli urti. Non tutti vi reagiscono allo stesso modo. Ma il vero problema è che, quando si tratta di persone, non esistono regole matematiche universalmente valide. Ognuno di noi è un impasto unico che c’entra solo in minima parte con la biologia, e ha a che fare principalmente con la propria storia, con il periodo in cui si vive, con la maniera in cui si riesce ad adattarsi oppure a ribellarsi allo sguardo degli altri. L’umano è un materiale che muta le caratteristiche meccaniche nel tempo, attraverso crepe o fenditure spesso difficili da scorgere, a volte addirittura sotterranee.

Matteo Bussola, “La neve in fondo al mare”.

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Si dice che a volte il destino sia una maschera per la colpa. Ci raccontiamo che le cose non potevano che andare in quella maniera per giustificare la nostra incapacità di farle andare in modo diverso. […] La usiamo per ricondurre l’accaduto a una ragione. La colpa è una consolazione, ci permette di allontanare l’idea spaventosa che le cose siano proprio ciò che sembrano, ci consente di credere a una causa scatenante, a una responsabilità specifica, al fatto che avremmo potuto fare una differenza nelle vite di chi amiamo, se solo.”

Matteo Bussola, “La neve in fondo al mare”.

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“Vi dò un consiglio: lasciate fare alla pioggia. Fidatevi di lei, consentitele di entrarvi nell’anima, di sovvertire principi e idee. Perché è legittimo abbandonarsi, abbattere i muri e barriere, e diventare altro da ciò che tutti credono, di cui dispongono. Lasciate fare alla pioggia, e assecondate il vostro piccolo, temporaneo mutamento.”

Maurizio De Giovanni, “Pioggia per i bastardi di Pizzofalcone”.

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“Il mare se ne frega. Al mare non importa nulla di te. Succede a chi è così grande. Non ha tempo per curarsi delle cose insignificanti. Come me. Il mare se frega perché sa che lui ci sarà anche domani. E’ un lusso che a te non è concesso. Hai meno tempo del mare. Per questo dovresti dare valore al tempo che ti rimane. Perché non ne hai. Finché non arriva il giorno in cui fai il punto e di momenti importanti te ne vengono in mente quattro o cinque. Gli altri? Gli altri se li è portati via il mare.”

― Manuel Bova, “Al mare non importa”.

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