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#ottobre – @cartacei on Tumblr
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Il rovescio della medaglia nel redigere contenuti per varie associazioni, gruppi, locali e centri culturali è che non riesco più a scrivere nient'altro. Detesto anche solo l'idea di digitare su una tastiera o di usare una penna. Ciò che mi consola è che, come tutto, questa è solo una frazione della vita. Tuttavia, mi rattrista il pensiero che alcune dinamiche svaniranno come se non fossero mai esistite, proprio perché non sono state scritte. Scrivere, oltre a essere un ottimo esercizio per la mente, rappresenta anche uno stimolo concettuale ed evolutivo del testo. Quindi, in un certo senso, mi manca esplorare e tirare fuori la sostanza che si forma in base alle esperienze che vivo.

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Le persone non hanno ancora compreso che le poesie non si leggono rapidamente; non si inseguono, ma si accarezzano con calma, lasciandole fluire dalla bocca come un ininterrotto "ti penso" o "ti amo" che, in fondo, esprimono lo stesso sentimento.

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Oggi durante un’assemblea, seduti nei tavoli messi storti, per stare più vicini e ascoltarsi tutti, Leo ha detto una cosa carinissima: sei una delle persone a cui ho sentito più volte dire ‘facciamo rete’ e questo mi scuote ogni volta e mi fa essere felice di averti conosciuto per tutto quello che mi stai trasmettendo ed insegnando. Mi ha fatto un piacere abnorme perché fare attivismo è stata una delle migliori - se non la migliore - scelte che abbia fatto nella vita. Se non avessi deciso nell’estate del 2015 di partecipare ad un banalissimo intervento dal basso, estirpando delle piante infestanti e raccogliendo dei rifiuti abbandonati, oggi la mia esistenza sarebbe del tutto diversa da quella che è. Non ci sarebbe il mondo dell’arte e dei collage digitali, sbloccatosi proprio grazie all’Associazione che abbiamo fondato dopo quel primo - e moltissimi altri dopo - intervento, con tutte le mostre personali e collettive fatte, aiutandomi a credere in me stesso. Non ci sarebbe nemmeno la fetta sociale, che ci ha aperto le braccia delle scuole, dei carceri e delle fondazioni per farci conoscere e sensibilizzare i cittadini a modo nostro. Non ci sarebbe quello culturale che vivevo già da prima, nella sua superficie marginale, mentre adesso lo sviluppo insieme ai personaggi di rilievo della città. Non ci sarebbe la parte ambientale, grazie ad altre associazioni e persone splendide che si spendono h24 e senza nessun aiuto da parte delle istituzioni. Non ci sarebbe la poesia, la giocoleria, la fantasia ancora intatta ed una collettività che continua a farci crescere come persone dotate di umanità. Lo devo ammettere: utilizzare il tempo per il bene comune e non solo per il proprio, rende tutto più morbido e felice.

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mentre sono sulla vespa canto. canto da sempre. canto da quando ho avuto il primo mezzo a due ruote con dentro ai jeans il mangiacassette e poi il lettore cd & mp3 e l’iPod e ora col cellulare e spotify (nemmeno crakkato). canto da sempre e lo faccio malissimo. amici e conoscenti hanno pareri uguali sull’intonazione e contrari sulla presenza scenica e logistica. alcuni mi fotografano e fanno video quando mi vedono. gli sconosciuti invece, quasi sempre, non capiscono e guardano increduli: come quando da maggio a settembre cammino scalzo ovunque. ma io canto sempre e cammino scalzo da maggio a settembre lo stesso. oggi c’era il sole. col sole si canta ancora più forte perché la serotonina circola considerevolmente. dopo una canzone imbarazzante dei pere ubu che skippo tempo zero arriva la moda del lento e la subitanea sensazione di freddezza, ma anche l'idea del ritorno della "moda del lento" dopo molto tempo. e ogni volta che Francesco con "100.525 storie di tormento" implica una vasta gamma di esperienze e difficoltà che possono verificarsi durante questo periodo di attesa, io letteralmente non canto più. io urlo. urlo di tutte le cacate tormentose con cui ho avuto a che fare e non mi hanno affossato. urlo perché canto ancora come sempre pure a trentanove anni. urlo squarciandomi anche se gli amici di un tempo che urlavano pure loro e avevano le kefieh oggi lavorano per amazon, non urlano più e a stento parlano. io canto sempre e al semaforo, dentro una macchina indefinibile, vedo dallo specchietto una ragazza rossa che sorride e cattura la mia attenzione con la mano. dice canti la moda del lento? l’ho ascoltata dieci minuiti fa. continua a dire che forse siamo gli unici in questa città ad averlo fatto. mi sorride con tutto: con la bocca, gli occhi e la fronte. mi sorride con tutto il volto e con tutto il corpo. la ragazza si chiama Veronica. le dico ah si? e intono qualche verso dell’anonima canzone. Veronica sorride e quando lo fa è meglio dei raggi del sole per la serotonina. poi dice non mi era mai capitata questa cosa, è stato umanamente bello. si, ha detto proprio umanamente bello e non bello e basta. è umanamente bello che abbia detto è umanamente bello. le dico che solitamente non capita di parlare al semaforo. ecco si, il semaforo, vero. io canto sempre sulla vespa, canto anche fermo ai semafori con gli auricolari bluetooth e certe volte li stoppo per parlare con Veronica che dopo il verde e alla seconda suonata di clacson dietro di lei mi saluta con la mano e con gli occhi sorridenti e va via. ho pensato di seguirla e chiederle almeno il cognome ma ho subito reputato che essere perduti oggi deve - per forza di cose - durare solo pochi attimi.

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Guido Celli che al Festival degli Aquiloni mi viene incontro, dandomi un acino d’uva e chiedendomi cos’è per me la poesia, credo sia stato uno dei momenti più densi e gioiosi di tutta la mia esistenza.

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vorrei che non ci fossero freni di ogni genere tra di noi. vorrei non ci fossero blocchi di cemento o passate di chiave nelle porte blindate tra di noi. vorrei essere per te quello che ero prima di diventare qualcosa in più, anche essendo qualcosa in più. vorrei che ci fossero solo verità e analisi pensanti fino a stabilizzare quello che ho dentro. vorrei calma e occhiate nei tuoi mari neri. vorrei contatti elettrificati di estremità e scopate magnetiche. vorrei la pace che svuota la bocca dell'anima sfamando il corpo. vorrei la mente svolazzante per liberarmi una buona volta di pesi che non contano assolutamente nulla.

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Al palazzetto c'era questo bambino di 3 anni che, durante l'intervallo della partita, prende la palla da basket e palleggia. Dagli spalti lo invitavano ad andare fin dentro l'area per provare a tirare. Lui - nuovo idolo delle tifoserie di casa e di quelle ospiti - ci va e segna, da sotto canestro, per ben due volte, con quella palla grande quanto lui. A ogni canestro esultanze e giubilo di applausi da parte di tutti. Non dovevate farla ricominciare la partita. Dovevate lasciare quel bimbo e farci godere di tutta questa morbidezza unitiva.

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Oggi niente stage, niente barchette di origami e meduse di carta pesta per il festival degli aquiloni del prossimo week end. Non devo partecipare a nessun incontro di nessun gruppo di cui faccio parte. Non vedrò nessuno e non bacerò alcune labbra. Le uniche forme di vita, con cui voglio avere a che fare, sono le foglie delle arance e dei limoni: dopo la pioggia, con le goccioline ancora sopra, che scivolano via appena le sfiori, sembrano delle opere d'arte visive. Vorrei avere gli occhi solo per le cose belle o solo cose belle per gli occhi. Toti cantava che 'la bellezza è nei miei occhi e sono loro ad ingannarmi' e gli dico sempre di come al posto di ingannarmi avrebbe dovuto scrivere rincuorarmi. Vorrei farmi abbracciare da Cosimo Ortesta e da Virginia Woolf.

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una tua carezza varrebbe tutte le pene dell'ultimo periodo. sul tram leggo a mente le brevi poesie di Celan ma vorrei farlo a voce altissima. durante il tragitto verso casa di Piero, una donna mi osserva e mi sorride per un lasso di tempo adeguato da intuire che potrei avvicinarmi. lascio perdere perché il cuore è ancora in fase rigenerante. penso che essere sensibili a volte sia un gran difetto e, una delle prossime mattine, lo scriverò sul molo in una delle lettere che mai ti spedirò perché non ho il tuo indirizzo e perché sicuramente non le meriteresti.

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